Golfo di Orosei – Grotte ed esplorazioni speleosubacquee

Il  Golfo di Orosei, situato nella Sardegna centro-orientale, ricade prevalentemente entro i confini dei comuni di Dorgali e Baunei; la costa è particolarmente ricca di cavità carsiche, oltre un centinaio, famose in tutta Europa per la straordinaria bellezza e per la limpidezza dell’acqua, con svariati chilometri di gallerie inondate.

Talvolta si tratta di veri e propri estuari sotterranei, i più grandi d’Italia, scoperti grazie a lunghe e complesse esplorazioni speleologiche e speleosubacquee.
Il Golfo è caratterizzato da una costa alta e rocciosa, a falesia, che raggiunge in alcuni punti un’altezza di oltre 600 metri e che si estende dal villaggio di Cala Gonone a Nord fino a quello di Santa Maria Navarrese a Sud, per una lunghezza complessiva di circa 40 km.

Orosei: Grotta del Bel Torrente

L’ingresso della risorgenza si apre a livello mare ed alla base dell’alta parete rocciosa (circa 80-100 m) che caratterizza la costa del Golfo di Orosei.
La cavità si può raggiungere solo con un’imbarcazione ed è situata a circa 5 km a sud di cala Gonone. L’ormeggio è possibile davanti all’ingresso, su di un fondale in parte roccioso di 6-7 m.  Il nome è stato dato dai primi scopritori e risale al 1995.Fu scoperta ed esplorata nel 1995 da Mahler, Morlock e Fancello.
Durante le prime esplorazioni la galleria principale fu sagolata con cavo in nylon ed in acciaio (nella parte più interna).
Nel 2000 Fancello, Fileccia, Mazzoli risistemarono la sagola fino a circa 570m

Lago d’Orta – Punta Crabbia

La località di Punta Crabbia si raggiunge dopo Orta. L’auto si può posteggiare a fianco della strada dove esiste un piccolo spiazzo sterrato con alcune panchine e pochi alberi. Non esiste un diving di appoggio, né alcun tipo di attrezzatura disponibile (docce, bombole, ecc). Non c’è sorveglianza. E’ un sito adatto per esercizi in acqua dolce a varia profondità. Da non dimenticare la bassa temperatura dell’acqua (in inverno fino a 4°C). Il punto di immersione non è segnalato, ma è riconoscibile per la presenza di una scaletta di ferro sul muretto, a fianco della quale sono una piattaforma di legno a sinistra e un molo in lego a destra. In questo punto l’acqua ha una profondità di circa 1.5-1.8 m. Il fondo del lago, limaccioso, degrada lentamente fino ad arrivare a grandi profondità. La visibilità è in genere scarsa. La corrente quasi sempre assente. Si può andare verso sud, dove arrivando intorno a -30 m si possono visitare relitti di piccole imbarcazioni e casse di munizioni della guerra. A circa -5 m c’è una pedana per effettuare esercizi subacquei. E’ possibile scorgere (anche di giorno se si è particolarmente fortunati) pesce persico bottatrico, anguille e carpe. Verso nord vi sono alcuni residui bellici e, a – 14 m, una statuetta di una Madonna (in ricordo di un incidente subacqueo) che è consuetudine ripulire dal limo con una spazzola. Intorno ai -12 m c’è pedana in ferro per esercizi.

Loano: Relitto San Guglielmo

La San Guglielmo fu varata a Glasgow nel 1911. Era una nave passeggeri di prima classe che, nel corso della I Guerra Mondiale, fu adattata per il trasporto di truppe. L’8 Gennaio 1918, mentre si dirigeva verso Gibilterra insieme alla gemella San Giovanni sotto la scorta del cacciatorpediniere Bersagliere, fu silurata un sommergibile tedesco. Il comandante diresse verso la costa, tentando di incagliare la nave per evitarne l’affondamento, ma la San Guglielmo affondò in prossimità della costa di Loano. Un uomo dell’equipaggio morì nell’affondamento. Il relitto giace su un fondale fangoso ad una profondità di -28 m a circa 800 m dalla costa. Nel dopoguerra, il relitto fu interessato da un’operazione di recupero condotta dalla famosa Artiglio, i cui palombari approfittarono della modesta profondità del relitto per prelevare molto più metallo: pertanto solo le strutture principali dello scafo si sono conservate sino ai giorni nostri. A poppa e a prua del relitto sono stati calati blocchi di ripopolamento in cemento, che hanno contribuito, negli anni, a incrementare significativamente la fauna ittica della zona. La cima a cui si ormeggiano le barche conduce a circa metà della nave. Da lì, si può procedere verso prua, percorso meno interessante, o verso poppa per circa 150 m. Procedendo verso poppa, si nuota tra i resti delle fiancate della nave, tra ammassi di lamiere, fra cui si innalzano le strutture verticali che un tempo erano le ordinate: si possono ancora riconoscere oblò, piatti, piastrelle, ringhiere, un lampione della passeggiata. La fauna intorno al relitto è abbondante e comprende crostacei, fra cui aragoste e astici, pesci San Pietro, pesci luna, mustelle.

Bergeggi: il Pifferaio

Il Pifferaio è una delle immersioni più note dell’Isola di Bergeggi, sita nell’omonima area marina protetta, molto frequentata per le prime immersioni didattiche. Il punto deve il suo nome a una struttura metallica che si trova sul pendio di Bergeggi che la leggenda vorrebbe fosse la statua in metallo raffigurante un pastore che suona uno strumento a fiato per richiamare una pecora perduta. Dalla cima dell’ancora ci si dirige verso la parete rocciosa e si mantiene la parete a sinistra in un’immersione pianeggiante tra i -15 e i -18 m di profondità. La parete è ricca di anfratti, buchi e tane (indispensabile una torcia!), dove si possono incontrare gamberi, mustelle, murene, gronghi. Sono inoltre numerosi i nudibranchi, le spugne e i policheti. Intorno nuotano saraghi fasciati e maggiori e re di triglie. Dopo la primavera non è raro trovare la rana pescatrice.

Albenga: relitto della nave romana

L’immersione sulla “Nave Romana di Albenga”, pur non presentando particolarità o difficoltà che la rendono eccezionale, ha tuttavia un fascino al quale è difficile rimanere indifferenti.

Una montagna di anfore poggia su un fondale sabbioso a poco più di 40 metri di profondità, intorno il nulla o quasi. Il 2 agosto 2014 alcuni pesci luna accompagnavano i sub.

Una oasi di storia e di vita accoglie il subacqueo che visita in sito, ogni anfora è diventata la casa o il rifugio di animali marini e così da luogo di memoria è diventato un ambiente di trasformazione, una culla dove nuova vita sorge tra i reperti di quella passata.

Arenzano: Relitto dell’Haven

La Haven era una superpetroliera di grandissime dimensioni (344 m di lunghezza fuori tutto) adibita al trasporto di greggio sotto la gestione della Troodos Shipping del Pireo, del gruppo Troodos Maritime International SA di Montecarlo (Monaco). Nel marzo del 1988 era stata colpita al largo di Dubai da un missile Exocet sparato da una motovedetta iraniana riportando gravissimi danni per i quali rimase a Singapore per lavori di riparazione dal luglio 1988 al dicembre 1990. In quel periodo subì un nuovo attacco da parte di un’imbarcazione di pasdaran, guerriglieri integralisti iraniani. Ripartita il 10 gennaio 1991, fece rotta verso l’Europa via Capo di Buona Speranza e giunse a Genova l’8 marzo 1991. L’11 aprile, durante le operazioni di travaso di greggio da una cisterna all’altra, un’esplosione, avvenuta forse per il malfunzionamento di una pompa, scatenò un grande incendio a bordo, che la fece affondare. Oggi la nave poggia in assetto di navigazione, la prua separata dalla poppa, su un fondale fangoso a 80 m di profondità. Il relitto della Haven è attualmente il più grande d’Europa e la sua esplorazione, mantenendosi nel rispetto dei parametri di sicurezza, è un’esperienza piena di fascino. L’immersione viene condotta in tutta sicurezza con l’ausilio di cime tese anche tra un punto e l’altro del relitto. La discesa si effettua seguendo la cima che conduce sul castello di poppa. La zona non è battuta da forti correnti, ma deve essere posta massima attenzione per non perdere l’orientamento che porterebbe a scendere lontano dal relitto su di un fondale di 80 m. Arrivati a -32/34 m sulla sommità del castello di poppa, si lascia la cima di discesa e inizia l’esplorazione esterna dei ponti sottostanti. Dal penultimo ponte si attraversa la coperta verso poppa in direzione dell’imponente fumaiolo: è importante mantenere la quota, perché il ponte di coperta si trova a -55 m di profondità ed è facile scendere oltre il previsto. Arrivati al fumaiolo inizia la risalita a spirale intorno ad esso fino a raggiungerne la sommità a circa – 32 m. Le pareti del fumaiolo, così come tutto il relitto, sono interamente ricoperte di grosse e robuste ostriche, di coloratissimi anemoni gioiello e da altre interessanti forme di vita. La sommità del fumaiolo è stata tagliata dopo il naufragio per non disturbare la navigazione ed oggi si apre come una impressionante voragine al cui interno si possono scorgere scalette, aragoste e astici. Si ritorna poi al castello di poppa, dove è possibile la penetrazione all’interno della plancia di comando, unica parte del relitto in cui è permesso entrare anche ai meno esperti perché di facile accesso. Si risale lunga la cima di discesa. Intorno al relitto nuotano spesso grossi pesci pelagici.

Promontorio di Portofino: Secca dell’Isuela

La secca dell’Isuela è considerata una delle più belle immersioni del Promontorio di Portofino e del Mediterraneo.
Vi si incontra spesso corrente. Il cappello della secca si trova a 13 metri di profondità (dove poggia il corpo morto), il fondo raggiunge i – 55 m. Nella sua esplorazione si possono scegliere vari percorsi: il più seguito è lungo la parete sudovest.
I rami di gorgonie rosse sono fitti e di grandi dimensioni. Ad essi possono essere apposte uova di gattuccio. Nelle spaccature della roccia è presente abbondante corallo rosso spesso fiorito. Intorno alla secca nuota pesce pelagico: dentici in caccia, saraghi, tanute e cernie anche di fondale.

Relitto BR20

L’immersione al Br-20 può essere affrontata sia con un monobombola sia con attrezzatura tecnica. Difficilmente, tuttavia, è possibile condurre un profilo “ricreativo” di immersione senza tappe decompressive. Il Br-20 fu costruito nel 1936 e affondò il 13 giugno 1940 in un tentativo di ammaraggio. Ha due motori ad elica FIAT A.80 RC 41 di 1.014 HP ed è armato con una mitraglietta anteriore SAFAT 7.7 e con una mitraglietta superiore SAFAT 12.7 nella torretta girevole. Portava 5 bombe da 100 kg e 5 da 50 kg.

Ha una lunghezza di 16 m e un’apertura alare di 22 m. Il suo fascino consiste nella sua minutezza e nella posizione in cui è rimasto adagiato sul fondo, come quella di volo. Lo si può vedere interamente già nel corso della discesa e se ne può osservare ogni parte in modo ravvicinato: le pale delle eliche, i cilindri, le mitragliette.

Promontorio di Portofino: Punta Torretta

Prende il nome da un antico punto di avvistamento fortificato posto in alto sulla costa. L’immersione si effettua seguendo la parete della punta, che scende verticale, interrotta da un terrazzo intorno ai 20 m di profondità. Come ogni altra immersione nel parco di Portofino, Punta Torretta è caratterizzata dall’abbondanza di vita animale: in profondità si possono osservare grandi colonie di gorgonie, mentre presso la superficie nuotano banchi di saraghi e salpe. Nella zona più prossima alla punta sono presenti anche cernie di notevoli dimensioni e dentici.