Golfo di Orosei – Grotte ed esplorazioni speleosubacquee

SCHEDA IMMERSIONI – GROTTE E RISORGENZE DEL GOLFO DI OROSEI

golfo orosei

Il  Golfo di Orosei, situato nella Sardegna centro-orientale, ricade prevalentemente entro i confini dei comuni di Dorgali e Baunei; la costa è particolarmente ricca di cavità carsiche, oltre un centinaio, famose in tutta Europa per la straordinaria bellezza e per la limpidezza dell’acqua, con svariati chilometri di gallerie inondate.

Talvolta si tratta di veri e propri estuari sotterranei, i più grandi d’Italia, scoperti grazie a lunghe e complesse esplorazioni speleologiche e speleosubacquee.
Il Golfo è caratterizzato da una costa alta e rocciosa, a falesia, che raggiunge in alcuni punti un’altezza di oltre 600 metri e che si estende dal villaggio di Cala Gonone a Nord fino a quello di Santa Maria Navarrese a Sud, per una lunghezza complessiva di circa 40 km.

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La costa è interrotta talvolta da spiagge sabbiose corrispondenti alle foci dei profondi canyons carsici che solcano i calcari mesozoici. Sulle superfici verticali delle falesie sono incisi più solchi di battente, individuabili fino alla quota + 15 m, che testimoniano le variazioni del livello di stazionamento del mare durante i periodi interglaciali quaternari.
A monte ritroviamo un’ampia cornice formata dalle creste più elevate, che dai 600 m a NE sale fino a 1000 m circa a SO, per poi ridiscendere ai 600 m a SE.
Nella fascia costiera ritroviamo più numerose e imponenti le manifestazioni ipogee; la mancanza di una rete idrografica superficiale ha d’altro canto favorito nei calcari lo sviluppo di una circolazione idrica sotterranea, alimentando numerosi corsi d’acqua che caratterizzano imponenti sistemi ipogei, la cui evoluzione è stata influenzata dalle forti oscillazioni quaternarie del livello marino negli ultimi 500.000 anni; ne sono un esempio le gallerie sommerse del ramo nord delle Grotte del Bue Marino, al cui interno sono visibili i segni di un concrezionamento avvenuto in ambiente subaereo, quando il livello del mare era più basso di quello attuale.

L’inizio della formazione dei sistemi carsici nel Golfo di Orosei risale con ogni probabilità all’Eocene (55 milioni di anni), con un’accelerazione nel Mio-Pliocene (tra i 25 ed i 6 milioni di anni). Ma le fasi carsiche più intense sono  verosimilmente inquadrabili in uno o più periodi piovosi interglaciali del Pleistocene (circa 1,8 milioni di anni).

Successivamente il mare si è progressivamente abbassato, infatti, le grotte sommerse del Golfo si sviluppano con profondità che vanno dai  a -30m fino ai -80m circa, testimoniando che il livello di base è rimasto al di sotto di queste quote per un periodo abbastanza lungo.

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Gli studi sulle concrezioni e speleotemi ritrovati in queste grotte fino a 79 m di profondità, hanno dimostrato che il processo carsico è rimasto attivo anche ventimila anni fa, quando il Golfo di Orosei si è trovato nel mezzo della più recente glaciazione, quando appunto il livello del mare scese di 120 metri.

Le numerose esplorazioni speleosubacquee hanno dimostrato come il deflusso sotterraneo segua in parte le codule (canyons) principali, da SW verso NE, ed i punti di sbocco sono situati nelle numerose risorgenze marine lungo la costa a sud di Cala Gonone (Bue MarinoCala LunaBel TorrenteUtopica, per citare le più importanti).

LA GROTTA DEL BLUE MARINO

La famosa Grotta del Bue Marino, ubicata al centro del Golfo di Orosei, tra Cala Gonone e Cala Luna, è da oltre 50 anni visitata da decine di migliaia di turisti e da decine di speleologi provenienti da tutto il mondo, attirati dalla bellezza e dalla complessità geologica delle sue grandi gallerie. La grotta era già conosciuta in epoca remota, probabilmente quando il mare era  più basso del livello attuale, tanto da permetterne comodamente l’accesso da terra. Delle belle incisioni rupestri, scoperte in una colata concrezionale antistante l’ingresso a mare, ed alcuni tracce archeologiche trovate in una sala interna, testimoniano la presenza umana già in epoca neo-eneolitica (circa 4000 a.c.).

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La grotta divenne famosa perché rifugio della Foca Monaca, ormai estinta; da essa la grotta prende il nome, infatti in sardo la foca è chiamata Boe Marinu. Il simpatico mammifero, sopravvissuto all’ultimo periodo glaciale, non ha resistito però alle modifiche ambientali in continua evoluzione già a partire dai primi anni del novecento.

La cavità, il cui sviluppo è attualmente di oltre 20 km, è raggiungibile via mare con imbarcazioni oppure via terra, percorrendo un facile sentiero che inizia da Cala Fuili, un’incantevole spiaggia posta alla fine della strada litoranea a sud di Cala Gonone. Il bel tracciato si snoda sul bordo delle alte falesie della costa, in mezzo alla profumata macchia mediterranea. Alla fine del sentiero, un’aggettante passerella costruita direttamente sulla parete della falesia, comunica con uno degli ingressi della grotta. La Grotta del Bue Marino è schematicamente composta da tre diversi rami all’apparenza non comunicanti; solo per una felice coincidenza essi si congiungono in prossimità del mare, confluendovi con due alti e spettacolari portali.

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Il Ramo Nord, che fino alla fine degli anni settanta era aperto alle visite turistiche (di recente è stato riattrezzato allo scopo), è caratterizzato da ampie gallerie fossili, sulle cui pareti sono ben visibili i segni di un livello marino più alto, caratterizzati dalla presenza di fori di lithophagae.

Lungo queste gallerie sono visibili tre laghi:

Il Lago Smeraldo, accessibile direttamente anche dal mare attraverso un breve sifone, è ubicato subito dopo la Sala della Dama Bionda, così chiamata perché nel dopoguerra fu trovato lo scheletro di una giovane donna la cui fine è rimasta avvolta nel mistero. Il nome del lago è dovuto all’effetto che la luce solare produce penetrando all’interno attraverso il sifone di collegamento con il mare, creando così una magica luce smeraldina.

Il Lago Abissale posto al fondo di una profonda frattura, a lato del vecchio percorso turistico, deve il suo nome al fatto che esso appare nero ed insondabile a causa delle alte e strette pareti che lo circondano. Il percorso subacqueo che lo unisce al Lago Smeraldo è lungo circa 500 m.

Il Lago Nero si trova alla fine di un meandro sabbioso, a sinistra del vecchio percorso turistico, che con un sal­to di circa 8 m va a buttarsi sul lago. Questo lago, assieme al Lago Abissale, da cui dista poche decine di metri, fa parte del sistema sommerso del Ramo dei Cecoslovacchi.

Il Ramo dei Cecoslovacchi è uno straordinario complesso di gallerie, in gran parte allagate, lungo oltre 7000 m e composto di 42 sifoni ed altrettanti laghi. Questi ultimi, prevalentemente costituiti di acqua dolce, hanno  dimensioni ragguardevoli: alcuni raggiungono i 10 metri di larghezza e i duecento metri di lunghezza. Le bellissime concrezioni, stalattiti, stalagmiti, vasche, colonne, presenti lungo tutto il percorso sommerso, testimoniano come la grotta si sia formata molto prima che il mare invadesse questi ambienti. Complessivamente lo sviluppo del Ramo Nord è di circa 9000m.

Il Ramo di mezzo, lungo 4,5 km, formato da grandiose condotte sommerse con ben 38 sifoni, è stato esplorato negli anni 70 per i primi 500 m dal famoso speleosub tedesco Jochen Hasenmayer e per i restanti 4 km dai fortissimi amici subacquei della repubblica ceca. Le esplorazioni, attualmente ferme davanti ad un sifone profondo 50 m, sono ancora in corso.

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Il Ramo Sud – Fino a 500 mila anni fa il Ramo Sud fungeva da estuario del Complesso carsico della Codula Ilune, progressivamente abbandonato a causa della divisione di quest’ultimo in due tronconi durante l’evoluzione geomorfologica del massiccio calcareo, attivando la Risorgenza di Cala Luna, sviluppatasi invece in tempi più recenti, come testimoniano le sue ridotte dimensioni.

Attualmente il Ramo Sud si riattiva soltanto in occasione di forti precipitazioni, fungendo da troppo pieno del Complesso carsico; durante questi eventi, le acque all’interno delle gallerie possono risalire anche di 3 metri. In periodi di magra invece, le acque marine entrano dentro la cavità per i primi 600 metri, fino ad uno sbarramento calcitico, talvolta percorso da una cascatella d’acqua proveniente dai laghi interni, che determina il confine tra le acque salate e quelle dolci.

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Gli ambienti sono ovunque caratterizzati dalla presenza di grandiose gallerie, formatesi per effetto dell’ipercarsismo per miscelazione dell’acqua marina con acque dolci carsiche, il cui pavimento è costituito da lunghe spiagge di candida sabbia, intervallate da limpidi laghi di acqua dolce.

Si può suddividere questo ramo della grotta in tre parti: il Ramo turistico, il Ramo Speleologico, le Gallerie post sifone. Lo sviluppo complessivo del Ramo Sud è di circa 7000 m.

Il Ramo Turistico – Il ramo, lungo 700 m, è aperto quasi tutto l’anno alle visite turistiche. Le gigantesche gallerie, riccamente concrezionate, testimoniano l’immenso lavorìo di grandi masse d’acqua che, nel corso di milioni d’anni, hanno scavato e modellato la roccia. Qui il mare vi è penetrato per circa 600 m, creando un suggestivo fiume  sotterraneo la cui superficie riflette le stupende concrezioni della grotta.

Il Ramo Speleologico
Il Ramo speleologico inizia con un lago di acqua dolce lungo 300 m e si sviluppa attraverso  ampi ambienti caratterizzati da incredibili dune sabbiose e da brevi e limpidi laghetti. In alcune brevi diramazioni si possono ammirare concrezioni di rara bellezza: ciuffi di eccentriche sottili quanto un capello umano, esili cannule di oltre quattro metri di altezza e imponenti colonne policrome. In un ramo laterale sono stati trovati alcuni resti scheletrici del Quaternario, appartenenti alla  Foca paleoartica. A metà percorso è presente un vasto salone chiamato Sala del colonnone, dominato da una gigantesca concrezione colonnare. Il ramo termina con un sifone lungo 630 m e profondo 31 m. Oltre questo, iniziano le Gallerie post sifone che terminano 25m sotto la Codula Ilune. Qui, nel sistema sotterraneo del famoso canyon carsico, gli speleosub sardi hanno scoperto ed esplorato una lunga, faticosa e difficile serie di sifoni avvicinandosi sempre di più alla Grotta del Bue Marino.

Le Gallerie post sifone
Oltre il sifone terminale, la grotta continua con ambienti sempre grandi e con altri due piccoli sifoni. Attualmente questi ambienti sono percorsi dall’acqua solo in occasioni di forti precipitazioni e solamente per pochi giorni. Queste gallerie terminano in corrispondenza della Codula Ilune, in prossimità di Iscala ‘e Su Molente.

LA RISORGENZA DI CALA LUNA

Poche decine di metri a sud della spiaggia di Cala Luna, sotto un’alta falesia, si apre l’ingresso della Risorgenza di Cala Luna che smaltisce gran parte delle acque sotterranee del Complesso carsico della Codula Ilune, fenomeno accertato più volte con l’utilizzo di traccianti artificiali immessi a monte del sistema.

Questa grotta subacquea, esplorata per la prima volta negli anni 60 da Lamberto Ferri Ricchi e Tito Samorè, è stata percorsa e rilevata per una lunghezza complessiva di 634 m negli anni’90 dagli speleosub cecoslovacchi di Praga e Olomouc. E’ caratterizzata prevalentemente da una galleria rettilinea alta e stretta che si mantiene ad una profondità di 12-15 m sino a circa 500 m dall’ingresso, dove, in corrispondenza di un’ampia sala, il pavimento scende sino a -37 m.

Lungo il percorso, il famoso speleosub tedesco Hasenmayer esplorò diverse diramazioni laterali per complessivi altri 1500m.
L’ingresso è in parte subaereo e si protende verso l’interno con due diversi rami: il primo, a sinistra, termina dopo pochi metri; il secondo prosegue invece verso l’interno.

La risorgente è percorsa tutto l’anno da un fiume sotterraneo di acqua dolce che in inverno raggiunge uno spessore anche di più metri.
Le pareti sono tappezzate da una ricca colonia di mitili caratterizzati da un grande guscio.

LA GROTTA DEL BEL TORRENTE

Il primo ad esplorare questa grotta è stato probabilmente J. Hasenmayer, ma, non esistendo nessuna pubblicazione o notizia in merito, l’unica prova a dimostrarlo è costituita da alcuni pericolosi spezzoni di sagola in acciaio inox abbandonati in alcune parti della cavità. A riscoprire la risorgente nel 1995 sono stati A.Mahler e W.Morlock, due amici tedeschi con i quali abbiamo raggiunto il cosiddetto sifone Hasenmayer, a oltre 1200 m dall’ingresso; in seguito furono rilevati circa 900 m della cavità da parte degli speleosub della Scuola Nazionale Speleosubacquea della Società Speleologica Italiana. Negli ultimi anni, ulteriori esplorazioni condotte da speleosub tedeschi hanno consentito il rilievo completo per complessivi 2500m.

La cavità si presenta anch’essa con un ingresso in parte subaereo e si sviluppa in direzione SW ad una profondità variabile tra i –3 e i –6 m, sino a  500 m dall’entrata, per poi portarsi ad oltre 20 metri. Nei sifoni finali, ancora inesplorati, la profondità supera i 40 m.

Potenti depositi sabbiosi sono presenti a partire dai 370 m dall’ingresso e si sviluppano per circa duecento metri verso l’interno; è una sabbia grossolana, granitica, con struttura ad ondulazioni da corrente. La distanza tra le creste (circa 1 m) e la granulometria, indicano che è stata depositata da correnti dotate di una certa energia. L’ambiente si mantiene sempre molto grande, con diametro tra i 5 ed i 10m.

Durante forti precipitazioni meteoriche, si attiva un consistente  flusso di acqua dolce che rende impossibile la progressione subacquea. Attente osservazioni hanno appurato come il fenomeno risorgivo non abbia eguali in tutto il Golfo di Orosei.

Le gallerie esplorate del Bel Torrente, indicano, inoltre, che sono state allagate dal mare quando erano in fase di riempimento e la circolazione idrica era scesa più in basso.  L’innalzamento legato allo scioglimento delle calotte glaciali, circa 10000 anni fa ha avuto una velocità elevata fino a 6 – 7000 anni fa, quindi è rallentato fino ai giorni nostri.

In base a questo si suppone che il ciclo erosivo in ambiente aereo, si sia interrotto al Bel Torrente, tra 8 e 10000 anni fa.

Nell’ottobre del 2000, in alcune diramazioni interne, alcuni speleosub della Scuola Nazionale di Speleologia Subacquea hanno ritrovato resti ossei di Foca paleoartica.

LA RISORGENZA DI UTOPIKA

La Risorgenza di Utopika è stata esplorata agli inizi degli anni 90 dagli speleosub A.Mahler, L.Fancello, M.Slezak per 570 m, oltre a circa 300m in un’attigua risorgente comunicante. A seguito di recenti esplorazioni e rilievi condotti da un forte gruppo tedesco, attualmente la grotta raggiunge i 3.060 m di sviluppo e risulta essere la più grande grotta marina subacquea d’Italia.

Situata sotto un’alta falesia, consta di due ingressi; quello principale si trova poco a sud di Punta Mudaloro mentre il secondo, conosciuto come Risorgenza di Ispuligidenie, è situato un centinaio di metri ancora più a Sud.

L’ingresso della galleria principale si trova a pochi metri di profondità e sprofonda repentinamente sino ad oltre 20m; qui la grotta prosegue con grandi gallerie il cui fondo si mantiene tra i -35 ed i -40m. La profondità massima raggiunta è di -78 m.

Negli ambienti sommersi si possono osservare stalattiti, stalagmiti, colonne e colate, segno evidente, così come in tutte le risorgenti e grotte del Golfo, delle ampie variazioni del livello marino, argomento affrontato in precedenza.

LA SPELEOLOGIA SUBACQUEA.

Le immersioni in queste grotte vanno affrontate con attrezzature e tecniche particolari, al fine di ridurre i rischi che tale attività comporta. E’consigliabile frequentare un corso di speleologia subacquea presso didattiche riconosciute. In Italia, esiste la Scuola Nazionale di Speleologia Subacquea della Società Speleologica Italiana, associazione alla quale aderisce la quasi totalità degli speleologi e gruppi speleologici italiani, che organizza corsi di vario livello in grado di preparare quei subacquei che vogliono cimentarsi in questa difficile e pericolosa disciplina.

Non è quindi inutile suggerire anche qui alcune raccomandazioni per le immersioni speleosubacquee:

  1. Prima di affrontare un immersione in grotta, frequentare un corso di speleologia subacquea presso didattiche riconosciute.
  2. Conoscere i propri limiti, essendo consapevoli della propria reale esperienza nelle immersioni speleosubacquee.
  3. Essere consapevoli che NON ESISTONO “sifoni piccoli” o “sifoni facili” che si possono affrontare con minore concentrazione o con attrezzature ridotte.
  4. Conoscere perfettamente l’attrezzatura utilizzata, il suo funzionamento, la sua dislocazione sul corpo.
  5. Programmare SEMPRE l’immersione.
  6. Utilizzare SEMPRE la sagola guida, segnata almeno ogni 10 metri con la distanza progressiva e la direziono di uscita. NON FIDARSI MAI di sagole vecchie: possono essere molto pericolose. La sagola è il solo mezzo che riconduce all’esterno. NON PERCORRERE NEPPURE 1 METRO SENZA L’AUSILIO DELLA SAGOLA GUIDA! Per allontanarsi dalla sagola guida principale, utilizzare SEMPRE la sagola ausiliaria di sicurezza. NON LASCIARE MAI LA SAGOLA PRINCIPALE SE NON CON LA SAGOLA AUSILIARIA.
  7. Lo speleosub che svolge la sagola deve fissarla bene affinchè non si ingarbugli, non si impigli o peggio si tagli. UNA SAGOLA MAL POSIZIONATA PUÒ’ PROVOCARE INCIDENTI.
  8. Utilizzare SEMPRE almeno 2 bombole indipendenti, con protezioni per la rubinetteria. NON UTILIZZARE MONOBOMBOLA O BIBOMBOLA CON RUBINETTERIA CHE RACCORDA LE DUE BOMBOLE.
  9. Utilizzare SEMPRE erogatori affidabili con raccordi DIN. Ciascun erogatore DEVE essere munito di manometro.
  10. Utilizzare NON PIÙ’ DI UN TERZO dell’aria a disposizione per il percorso di andata. Respirare alternativamente da tutte le bombole cambiando erogatore ogni 10-20 bar di consumo d’aria. 1/3 dovrà essere utilizzato per il ritorno e 1/3 costituirà una riserva, da utilizzarsi in caso di emergenza.
  11. Utilizzare SEMPRE almeno 3 fonti luminose indipendenti, di cui 2 che abbiano una durata superiore all’immersione programmata.
  12. Sistemare le fonti luminose sul casco per avere le mani libere.
  13. Immergersi con doppia strumentazione (due computer o un computer, tabella e orologio o bottom timer).
  14. Sostituire il coltello da sub con una robusta cesoia, che permetta di tagliare corde di un certo diametro o cavetti di acciaio. Il tronchesino va portato sul braccio. NULLA DEVE ESSERE FISSATO ALLE GAMBE. La sagola guida potrebbe impigliarsi e sarebbe difficile liberarsene.
  15. NON RESPIRARE MAI l’aria delle eventuali bolle lungo i sifoni. Essere estremamente cauti nel respirare l’aria delle cavità oltre i sifoni.
  16. Prima di ogni immersione accertarsi del perfetto funzionamento di tutta l’attrezzatura.
  17. Erogatori e manometri devono essere raccolti sul corpo, visibili e a portata di mano.

Nelle grotte e risorgenze del Golfo di Orosei, l’immersione è sconsigliabile in caso di mare mosso, poiché le onde arrivano ben all’interno della grotta, rendendo la progressione nient’affatto confortevole e l’uscita difficoltosa. E’ inoltre pericoloso avventurarsi all’interno in caso di forti precipitazioni; piene improvvise possono seriamente compromettere la sicurezza degli speleosub. Inoltre, durante i periodi piovosi, la corrente in uscita è notevole e può impedire l’avanzamento.

Nei primi tratti di queste grotte sommerse, il fondo è occupato solitamente da un grosso materasso di posidonie morte, che può accumulare dell’anidride carbonica a livello acqua; si sconsiglia pertanto di respirare in questi ambienti qualora ci fosse la possibilità di emergere.

La visibilità è in genere buona, ma può scendere a 1 m o meno nei periodi piovosi ed in certe zone a causa di fenomeni ancora allo studio (Grotta del Bue marino e Grotta del Fico).

La temperatura dell’acqua tra estate ed inverno è di 16°-14°. In ogni caso è consigliabile una muta stagna per immersioni lunghe ed in profondità.

Leo Fancello
Direttore Scuola Nazionale Speleosubacquea
Società Speleologica Italiana
Immagini di Attilio Eusebio